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SPIRITO FORTE E CUORE TENERO

Edgardo de Guzman, Filippine, Pentecoste

Edgardo de Guzman, Filippine, Pentecoste maggio 2021
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SPIRITO FORTE E CUORE TENERO

Il fatto è noto: i discepoli di Gesù dopo la Pasqua stavano trincerati nel Cenacolo per paura. Dopo Pentecoste tutto cambia e li vediamo testimoni coraggiosi, audaci, fino alla morte. Cosa è capitato?

Venne all'improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. (Atti degli Apostoli 2,2-4)

Una potenza dall’alto, una forza venuta dal cielo, lo Spirito di Gesù ha investito e trasformato i discepoli di Gesù. È stato il dono, l’incontro con lo Spirito Santo a cambiare la loro vita.
Lo Spirito come il fuoco, un simbolo molto intenso: ci parla di qualcosa di trascendente, intoccabile ma insieme di vicino, che ci riscalda e dà luce. E ci parla di cuore e di passione: un fuoco che brucia, che arde nel cuore di chi ama, di chi incontra Dio.
Lo Spirito come il vento, simbolo di libertà, di qualcosa che non puoi catturare e neppure vedere. Puoi vederne solo gli effetti. Il vento che restituisce al cielo la sua luce e fa sembrare tutto più vicino. Il vento che dilegua i confini.

Ho il sospetto che lo Spirito Santo ami scherzare, farsi gioco delle nostre previsioni, smentire clamorosamente le nostre sentenze "inappellabili", mandare all’aria i nostri rigidi schemi. Per favore, non blocchiamo le serrature. Almeno una volta, proviamo ad essere sbadati. Lasciamo socchiuse porte e finestre, in modo che quel vento impertinente le sbatta fragorosamente e irrompa dentro combinando tutti gli scherzi che vuole. Il vento "scherzoso" della Pentecoste sibila rabbioso, scompiglia, solleva, trascina, sconvolge, sbuffa, scombina, scuote, sradica, spazza, schiaffeggia. È il suo mestiere. Ma consentiamogli di farlo fino in fondo. (Alessandro Pronzato)

«Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita»: recitiamo così ogni domenica alla Messa nella preghiera del Credo. Lo Spirito, una persona, una persona divina, un tu che vuole dimorare in noi, non semplicemente una forza impersonale, non un qualcosa, ma Qualcuno.
È Lui l’ispiratore delle audacie degli apostoli, la forza dei martiri, è Lui che parla, esorta, consiglia, illumina, è afflitto, piange, si rallegra, consola.
Una splendida strofa dell’inno della liturgia di Compieta dice così: «Ogni affanno si perda nel sonno ristoratore ma vigili il cuore e ti sogni, ospite dolce di chi crede in te». Ospite dolce … ecco lo Spirito, dolcissima presenza che accompagna e consola, «carezza di Dio» sul nostro volto, sul nostro cuore.

Ospite dolce, ma insieme esigente e scomodo: con lo Spirito è la passione per Dio e per l’uomo che entrano in noi.
La Pentecoste è un avvenimento che sta alle nostre spalle, ma sta anche davanti a noi oggi. Celebrare oggi la Pentecoste vuol dire lasciare che questo Spirito, che viene dall’alto, trasformi il nostro cuore e ci dia la “forma” di Gesù, lo stile di Gesù.
C’è una operazione che nessun chirurgo del mondo può fare: quella di costruire un cuore che sappia aprirsi, amare, perdonare, che sappia passare – come per i discepoli – dalla paura alla fede, dalla chiusura all’apertura, dall’egoismo all’altruismo, dall’io al noi.

Lo Spirito Santo ci libera dal “complesso dell’ostrica”. Rubo questa immagine ad un vescovo splendido, poeta, un uomo innamorato della pace, un uomo mite: don Tonino Bello.

E quando io parlo di complesso dell’ostrica intendo il fatto che tutti noi siamo troppo attaccati allo scoglio, all’oggi, a noi, alle nostre cose, alle nostre abitudini, alle nostre sicurezze, al nido caldo delle nostre amicizie. Ci fa paura l’avventurarci nel mare aperto della fede e della carità.
Troppe volte dimentichiamo che i simboli della Pentecoste non sono il divano, la sedia, le pantofole, la camomilla, il nostro chiuderci dentro la nostra casa, la Tv accesa, ma sono il vento, il fuoco – simboli forti che indicano passione, vita, fantasia, creazione, movimento. Lo Spirito Santo ci scaraventa nel mondo. Ci vuole creature di azione, di movimento.

Occorre pregare e invocare che lo Spirito ci abiti, che ci regali la sua forza e la sua dolcezza, la sua fantasia e la sua sapienza. E occorre guardare ai tanti uomini e alle tante donne di oggi e di sempre che sono stati «sedotti e afferrati» dallo Spirito: quelli che sanno vivere, pur nella «notte», con speranza incrollabile e infinita saggezza, quelli che sanno scorgere e ci additano l’alba anche dentro un tramonto, quelli che sanno scoprire un senso nonostante tutto, quelli che sanno scommettere e sperare oltre l’umanamente prevedibile, quelli che sanno fare della loro vita un dono, quelli che lottano per la giustizia e la pace, quelli che non esitano a mettersi in gioco e a mettere in gioco la loro vita.

Una di queste persone si chiama Sophie Scholl, nata in Germania il 9 maggio 1921, cent’anni fa, decapitata il 22 febbraio 1943 a Monaco perché protagonista di un gruppo di giovani studenti cristiani - la Rosa Bianca - che cercarono di svegliare le coscienze del popolo tedesco e che si opposero al regime della Germania nazista (val davvero la pena conoscere la storia di questo movimento – 1942/1943 – magari attraverso l’intenso film La Rosa bianca). Sophie Scholl, con il fratello e gli amici, aveva fatto proprio il motto del filosofo Jacques Maritain: “Bisogna avere uno spirito forte e un cuore tenero”.  
“Strappate il mantello dell’indifferenza che avvolge il vostro cuore!” così scrivevano in uno dei loro volantini che avevano diffuso in cabine telefoniche, tram, spedite ad indirizzi scelti a caso tra gli elenchi telefonici. Era il loro modo di combattere per la libertà, per la vita, per la dignità umana e per smuovere le coscienze dei loro connazionali e colleghi universitari. Sophie sapeva di rischiare la vita, ma insieme a suo fratello e ai suoi compagni andò avanti fino alla fine.
Qualcuno ha commentato che noi oggi dovremmo chiederci se non ci sia capitato di rovesciare paradossalmente il loro motto al punto da ritrovarci ad avere «uno spirito tenero, ossia molle, e un cuore duro» …
Bisogna avere un cuore tenero per accorgersi e sentire il dolore degli altri e non passare oltre, non guardare oltre, per decidere di prendersi cura degli altri. E insieme bisogna avere uno spirito forte per restare fedeli a questa decisione, per restare fedeli al Vangelo, allo Spirito Santo.

Ha scritto così il cardinal Gianfranco Ravasi:

Lo Spirito Santo, secondo me, è l’intensità di Dio. È Dio rivelato nella sua forza e nella sua intensità. Amo molto le parole di s. Caterina da Siena: «La mia vita è infiammata». Penso che ogni vita debba essere infiammata e cercare l’intensità. La vita non è preziosa se non diventa una stella, un fuoco.

Nel mese dedicato a Maria, la madre di Gesù, donna capace di sconfinata tenerezza e forza, donna abitata dallo Spirito Santo, a lei ci affidiamo perché ci faccia capaci di una vita infiammata. Confidiamo in lei perché, come dice con intuizione geniale Dante:

Donna, sei tanto grande e tanto vali
Che qual vuoi grazia e a te non ricorre
Sua disianza vuol volar sanz'ali

La tua benignità non pur soccorre
A chi domanda, ma molte fiate
Liberamente al dimandar precorre

… anche Dio non può “resistere” a sua Madre …

don Mirko Bellora

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