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UN SACCO DI LUCE
Julia Stankova La tomba vuota

Julia Stankova La tomba vuota

aprile 2018
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C'È UN SACCO DI LUCE

Lo storico Gaetano Salvemini scriveva così:“Io mi sono fermato, per quanto riguarda il cristianesimo, al venerdì santo. Non sono andato oltre. Mi sono fermato al Calvario. Ho accettato il grande messaggio umano di Gesù, ma non sono andato oltre. La resurrezione, no. Al sepolcro non sono riuscito ad arrivarci”.

È difficile la resurrezione … È difficile credere alla resurrezione di Gesù. A volte mi chiedo, come tanti di voi, se non sono, se non siamo dei folli a credere. A credere che Gesù sia risorto, che si possa risorgere, che la morte possa essere sconfitta, che non sia l’ultima parola sulla vita, che un giorno ci rivedremo tutti, che il nostro corpo risorgerà, che il nostro destino non è il nulla, la polvere. A volte mi chiedo se non sono, se non siamo dei folli a credere nell’uomo dei Vangeli… Eppure io ho “abbracciato” questa follia, sono innamorato di questa follia, per questo sono cristiano, per questo sono diventato prete e continuo a essere un prete felice. Nella notte pasquale, nella notte della grande veglia, quando il buio viene sconfitto dalle tante luci e il silenzio è sovrastato dal suono festoso di campane e campanelli agitati dai bambini per l'annuncio di Cristo risorto, un brivido mi scuote sempre e molto spesso negli anni qualche lacrima di gioia mi ha attraversato il volto … Sembra che la chiesa si scoperchi perchè il cielo ci possa abbracciare e noi possiamo abbracciare il cielo e ogni persona di cui sentiamo l’infinita assenza. Mi entrano in cuore queste parole:

Una tomba è troppo piccola per contenere il mio amore.
Risorgerò.

Perché l’amore del nostro Dio è più forte della morte, perché l’amore non si può intrappolare. So che sperare è difficile, so che è più facile disperare: è la nostra grande tentazione. Eppure la speranza cristiana è più forte del male, più forte della morte. È una speranza che cerca di intravedere in un seme sepolto una spiga o un fiore che stanno per nascere.

Ma come è possibile credere, come è possibile sperare? Mi guardo indietro, guardo fra le pagine del Nuovo Testamento e proprio lì trovo narrati i dubbi dei discepoli, trovo la loro lentezza a credere, trovo il loro timore, il loro tremore, le loro lacrime. E mi confortano perché mi sento loro compagno. A poco a poco si fa strada la fede. I primi a credere sono stati due innamorati: Maria Maddalena e Giovanni, il discepolo che Gesù amava … E ad un certo punto tutto cambia: passi incerti diventano corse, vite capovolte, paure che si tramutano in audacia, in testimonianza, in dono della vita. E tutto questo continua nella storia della Chiesa di ieri, di oggi, di sempre. Il segreto nascosto è la Resurrezione, è quell’Uomo che ha vinto per sempre la morte e adesso è qui con noi, vivo, indispensabile compagno di viaggio, immensa e incredibile speranza che ci accompagna e ridà fiato al tutte le nostre speranze più vere, che ci fa capaci di vivere il comandamento dell’amore, il perdono, la ricerca di giustizia, la solidarietà, la fraternità. Come ci racconta mons. Tonino Bello:

Sono stato colpito dalla scritta collocata sopra il Crocefisso ligneo della vostra splendida chiesa (S. Bernardino di Molfetta): CHARITAS SINE MODO. È un latino semplice, che vuol dire: amore senza limite. Anzi, per essere più fedeli alle parole, bisognerebbe tradurre così: Amore senza modera-zione. Smodato, sregolato. Amore senza freni, senza misura, senza ritegno. Volesse il cielo che, ogniqualvolta uscite dalla chiesa, non vi sentiste affidare da Gesù Cristo nessun'altra consegna che questa: Charitas sine modo. La misura dell'amore ... è quella di amare senza misura.

Ce lo ridice continuamente papa Francesco: “La risurrezione non è una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della risurrezione. È una forza senza uguali”. (Evangelii Gaudium,  n. 276).

Di buon mattino, con passo triste, con nel cuore un macigno, le donne si son recate al sepolcro. Lui, Gesù, non l’hanno trovato ... È risorto ... non è qui ... si sono sentite dire. Là, in quell’alba primaverile di qualche secolo fa, è risuonata questa voce. Risuona ancora oggi. Risuonerà per sempre. È risorto, non è qui ... Ogni Pasqua, ogni domenica nella celebrazione della Messa, facciamo memoria di tutto questo e cerchiamo di “dare carne” alla resurrezione perché chi non ama non fa Pasqua. Cerchiamo di ricevere luce …

Ingrid, una bambina sveglia e simpatica, mi ha presentato un bel disegno sulla resurrezione. Al centro la roccia con la pietra ribaltata, a fianco, qualche albero, e accanto alla pietra, bellissimo, un angelo abbastanza riuscito, vestito di bianco, con un bel paio di occhiali da sole. Incuriosito, ho chiamato Ingrid e le ho chiesto ragione degli occhiali. Sorridendo mi ha detto che, in verità, non le erano venuti bene gli occhi e aveva tacconato la cosa con gli occhiali da sole. Poi, dopo una pausa di silenzio, fattasi seria, ha aggiunto: “Comunque, va bene così, gli occhiali da sole servono. C’è un sacco di luce”.

Sembra davvero cominciata la primavera, quella stagione che si incrocia sempre con la Pasqua, quella stagione che ci fa fiorire …

Un pesco che fiorisce è la primavera;
ma se non fiorisce il cuore, se non si allarga, se non cessa di odiare,
la primavera non è più primavera
perché non c’è primavera se il cuore non fa Pasqua con l’uomo.
Riuscirà quest’anno la Pasqua a far primavera nel cuore dell’uomo?
(don Primo Mazzolari)

Riuscirà quest’anno la Pasqua a far primavera anche intorno a noi ?

Una volta Simon Wiesenthal, l’uomo che ha dedicato una vita a scovare i criminali nazisti, ha detto a un amico orefice che gli chiedeva perché non aveva preferito fare l’architetto e i soldi: “Quando andremo all’altro mondo incontreremo milioni di ebrei morti nei campi. E se ci chiederanno: che cosa hai fatto tu? Tu risponderai: il gioielliere. Un altro dirà: ho costruito case. Io dirò: non vi ho mai dimenticati”.

Non dimenticare i nuovi crocefissi, cercare di toglierli dalle loro croci: è la consegna della Pasqua, è il nostro compito.

don Mirko Bellora

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