I DUE ABBRACCI
In ogni cosa è bene, di tanto in tanto,
mettere un punto interrogativo
a ciò che a lungo si era dato per scontato
(Bertrand Russell)
Forse è proprio questo che il nostro Cardinale Angelo Scola ci chiede nella sua Nota pastorale “La comunità educante”, un tema che afferma stargli particolarmente a cuore, un’esperienza decisiva nella vita cristiana che rimanda al volto della Chiesa, un volto di comunione, un volto educativo. Un tema che non si deve dare per scontato, ma che mette tutto e tutti in gioco. Perché, scrive l’arcivescovo, una comunità viva e consapevole è la condizione imprescindibile perché i ragazzi incontrino personalmente Gesù come ‘centro affettivo’, cioè punto di riferimento stabile per la loro vita.
All’inizio di un nuovo anno pastorale e all’inizio del sesto anno della nostra comunità pastorale “Beata vergine del Rosario” ci sono necessarie domande forti sulla nostra capacità e sul nostro stile di essere una comunità educante, così come la descrive il cardinale: “Si può anche dire che la comunità educante è la fraternità, l’amicizia in Cristo tra tutti gli educatori che hanno a che fare col ragazzo/a. Ciò crea un ambito di relazioni nuove nelle quali il ragazzo/a percepisce un insieme di legami, azioni e gesti da cui impara che far parte di quella fraternità, basata sull’appartenenza a Cristo, è bello e ha futuro.”
Non è solo una questione di tipo organizzativo, ma piuttosto il cuore di un’esperienza di fede e di comunione che si fa testimonianza nella vita, una vita che fiorisce e fa fiorire, che attrae per la gioia, la speranza e la bellezza che fa trapelare.
Mi sono tornati alla mente due racconti che narrano di due abbracci:
«Allora di ogni persona ce n'è solo una al mondo?» domandò Ben. «Sì, ce n'è solo una», disse la mamma. «E perciò sono tutti soli?». «Sono un pò soli ma sono anche un pò insieme. Sono sia l'uno sia l'altro». «Ma com'è possibile?». «Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico», spiegò la mamma, «e anch’io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola». «Allora abbracciami», disse Ben stringendosi alla mamma. Lei lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l'abbracciò forte forte. «Adesso non sono solo», pensò mentre l'abbracciava, «adesso non sono solo. Adesso non sono solo». «Vedi», gli sussurrò mamma, «proprio per questo hanno inventato l'abbraccio». (David Grossman)
Rabbì Aronne arrivò un giorno nella città in cui cresceva il piccolo Mardocheo, che sarebbe diventato il famoso Rabbì di Lechowitz. Il padre di Mardocheo non era però contento del ragazzo e glielo condusse, lamentandosi che non aveva costanza nello studio.
“Lasciatemelo qui un poco” disse Rabbì Aronne.
Quando fu solo col piccolo Mardocheo, strinse il bambino al suo cuore. In silenzio se lo tenne affettuosamente vicino fino a che il padre tornò.
Quando, fatto adulto e famoso, il Rabbì di Lechowitz raccontava questo incontro della sua infanzia, diceva: “Ho imparato allora come si convertono gli uomini”.
È questo il calore che deve sprigionarsi all’interno di una comunità educante e che deve saper emanare la comunità educante, la nostra comunità.
Un calore che si è splendidamente colto domenica 14 settembre alla S. Messa delle 10 per il saluto e il grazie a don Marco Pavan che lascia la nostra comunità per quella di Legnano.
È stata una celebrazione intensa, ricca di emozioni non trattenute. Le lacrime di don Marco si sono mischiate a quelle di tante persone. Una persona a me cara mi ha detto di aver visto un ragazzino correre ad abbracciare il papà che gli chiedeva: perché piangi? Perché voglio bene a don Marco! Mi sono detto che se riuscissimo a vivere con questa intensità e con questo calore ogni nostra domenica, il giorno del Signore, ogni nostro incontro, ogni nostro legame, se non lasciassimo non dette tante parole di gratitudine, se non lasciassimo chiuso e freddo il cuore, se la creatività, l’energia, la tenerezza che si sono viste e vissute alla celebrazione di domenica fossero vissute sempre … tutto riprenderebbe colore! E tutto profumerebbe di festa, anche il quotidiano.
È per questo profumo di festa che ho scelto per l’immagine di copertina “L’orchestra” di Botero (mi spiace solo per la ridotta presenza femminile) …
Una comunità è come un’orchestra che suona una sinfonia,
ogni strumento preso da solo è bello.
Ma quando suonano tutti insieme,
ognuno lasciando che l’altro passi avanti,
nel momento in cui occorre, è ancora più bello.
Una comunità è bella
quando ognuno esercita pienamente il suo dono.
(Jean Vanier)
Così abbiamo cantato con don Marco nella canzone “Mani”: Sapessi quante volte, guardando questo mondo, vorrei che Tu tornassi a ritoccarne il cuore… È una preghiera che faccio mia perchè il cuore di ognuno e della nostra comunità sia “toccato” dal nostro Dio così da trasformarlo in un cuore di carne e sia continuamente “ri-toccato”, certo che le mani di Dio sono come quelle di uno splendido pittore che sta dando vita a un capolavoro.