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METTERCI IN CAMMINO

ottobre 2010 riga

Penso, o Signore,
che tu forse ne hai abbastanza
della gente che sempre parla di servirti con piglio di condottieri,
di conoscerti con aria di professori,
di raggiungerti con regole sportive,
di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato.
Un giorno in cui avevi voglia di altro,
hai inventato S. Francesco e ne hai fatto il tuo giullare;
lascia che noi inventiamo qualcosa
per essere gente lieta che danza la propria vita con te.
(Madeleine Delbrêl)

E’ una meraviglia, e ne sono contento, poter ricordare e celebrare il primo anniversario della nascita della nostra Comunità Pastorale Beata Vergine del Rosario in Vimercate e Burago (4.10.2009 – 4.10.2010) nel giorno in cui si fa memoria di S. Francesco, un santo che ha tanto amato Gesù, il Signore Crocefisso e Risorto, che ha tanto amato il Vangelo, che ha tanto amato la vita, che ha tanto amato i poveri, che ha tanto amato la Chiesa. Questi amori hanno fatto della sua vita una danza e regalato gioia a chi lo ha incontrato …
Così come sono contento che all’inizio di questo anno pastorale ci sia stata regalata dal nostro Cardinale Dionigi Tettamanzi una lettera pastorale carica di inviti, di sfide, di audacia, di un volto nuovo di speranza.
"Santi per vocazione. Sull’esempio di San Carlo Borromeo. Lettera a tutti i fedeli della Chiesa Ambrosiana": è il titolo della lettera di quest’anno che prende spunto dalla ricorrenza del quarto centenario della canonizzazione di S. Carlo (1610-2010). Eccovi le primissime righe:

Carissimi, con una certa audacia, che sembra quasi inattuale, oso proporre a tutti voi una riscoperta del Cristianesimo e del suo "segreto". (pag. 3)

Vi invito a leggerla con calma, lasciandovi raggiungere e "inquietare" dalla radicalità evangelica cui richiama con forza. Così come vi invito a rileggere "ruminando" la parabola del Buon Samaritano: è sulla strada disegnata e tracciata da questa pagina biblica che la lettera si snoda. Così ci scrive il nostro cardinale:

Più volte mi sono reso conto che la parabola evangelica del Buon Samaritano deve essere riscritta da ogni cristiano, lungo la storia: dalle pagine del Vangelo deve entrare nel libro della vita, della vita di ciascuno e di ogni giorno. (pag. 7)
Il Buon Samaritano esprime la biografia di ogni cristiano, il quale imita la santità di Cristo, unico Salvatore, e raccoglie tutta la propria vita in un’unica grande vocazione, che si esprime nell’imparare ad amare come Gesù. (pag. 12)

Quello che ci è proposto è un cammino, un viaggio. Verso il volto e i volti. Il volto del Crocefisso, i volti dei poveri. Discepoli del Vangelo e alla scuola di san Carlo.

IN CAMMINO VERSO IL VOLTO
… DA GERICO A GERUSALEMME …

C’è innanzitutto una strada che da Gerico conduce a Gerusalemme: è il cammino verso la Pasqua di Gesù. … A mano a mano che negli anni percorri la strada che va verso la Pasqua di Gesù, ti si aprono gli occhi sulla verità di Dio e sul dramma della storia. (pag. 8) …
Contemplare il Crocefisso significa imparare una nuova qualità dell’amore, una nuova forma etica tra tutti gli uomini di buona volontà. (pag. 19)
Guardando al Crocefisso, si è colpiti dalla stessa compassione del Buon Samaritano. (pag. 53)

Questo è il primo cammino, il primo viaggio da compiere: guardare a Lui, al Signore crocefisso e risorto, al suo immenso amore per ogni uomo, fissare i nostri occhi nei suoi occhi, farci abbracciare e amare da Lui, imparare ad amare come Lui …
Narrano che i pescatori di perle lungo la costa dell'India scendano in fondo al mare legandosi alla bocca una canna di bambù molto lunga, la cui fine arriva sopra la superficie dell'acqua del mare, per poter respirare. Deve vivere proprio così il cristiano: immerso nel mare della vita, ma sempre con questa canna di bambù. questo "canale" aperto verso Dio che è la fede, che è la preghiera, che è la celebrazione della Messa nel giorno del Signore. Senza questo canale, senza questa "lunga canna di bambù", non si può più respirare e si muore, si muore come cristiani, si diventa incapaci di amare come Lui ci ha amato.
Perché la carità nasce dalla fede, dalla preghiera, ha a che fare con Dio, con la Pasqua di Gesù e con il dono dello Spirito Santo. La carità è una strada, un cammino, un tormento quotidiano e ha come metro, come criterio la Pasqua di Gesù, l’amore senza condizioni, senza pentimenti di Gesù di Nazareth.

Se avete paura dell’amore
non celebrate la Messa
Se avete paura della gente
non celebrate la Messa
(Thomas Merton)

IN CAMMINO VERSO I VOLTI
… DA GERICO A GERUSALEMME …

Ma c’è anche la strada che da Gerusalemme riconduce a Gerico (cfr Lc 10,25-37), lungo la quale, con vera compassione, impari a riconoscere l’umanità … vedi l’uomo malato e ferito; vedi il povero abbandonato, l’orfano e lo straniero; vedi chi è solo e disperato. Non puoi distogliere lo sguardo. Riconosci il dramma e la complessità, ma sai che nessun cristiano, tanto meno un vescovo, può non vedere. Al contrario, si deve fermare con tutta la comunità … (pag. 8-9)

Di fronte allo scandalo che è il dolore del mondo, di fronte al grido dei poveri, possiamo chiudere occhi, orecchie, cuore, possiamo lasciar perdere, oppure…
Anche oggi, di fronte ai volti di chi soffre, possiamo decidere di diventare dei "tubi digerenti" (rubando una celebre immagine di Alex Zanotelli), capaci di metabolizzare ogni genere di dolore e sofferenza grazie a un enzima chiamato indifferenza, oppure possiamo reagire, metterci in gioco, passare dal commuoverci al muoverci, possiamo prenderci cura del mondo in cui viviamo, dei fratelli in umanità.
E con grande coraggio – visti i tempi e i luoghi in cui parla - il nostro cardinale così ci scrive:

Il Vangelo ci invita a stare dalla parte di coloro che hanno fame e sete di giustizia, di coloro che lavorano per una città più accogliente e più fraterna, di coloro che sperano in una solidarietà che sia profezia di un mondo in cui amore e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno; verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà da cielo {Salmo 85,11-12} (pag. 33)

Ringrazio di cuore il mio vescovo … abbiamo un’immensa necessità di ascoltare parole così, parole evangeliche, profetiche che scuotono, inquietano, "infastidiscono", infiammano ogni cristiano, ogni comunità cristiana. Del resto il Vangelo non è innocua melassa ma sale della terra …
Ritrovo nelle parole del vescovo, che si chiede "Se ho il fuoco dentro, perché non riesco a incendiare il mondo? (pag. 27), una salutare sferzata …

Noi tra le opere di misericordia corporale abbiamo sempre insegnato che bisogna consolare gli afflitti, ma non abbiamo mai invertito l’espressione dicendo che bisogna affliggere i consolati. Tu devi essere una spina nel fianco della gente che vive nelle beatitudini delle sue sicurezze. Affliggere i consolati significa essere voce critica, coscienza critica, additatrice del non ancora raggiunto. … La Chiesa deve farsi presente a ogni dolore umano, a ogni fame di giustizia e di liberazione». (mons. Tonino Bello, Affliggere i consolati)

E’ perché ci vuole sospingere sulla strada del Vangelo, una strada di santità: "Vi ho parlato della santità che è il ‘segreto’, ossia il cuore e la vita del cristiano" (pag. 52). E lo ha fatto sulle orme di San Carlo Borromeo, alla scuola della sua santità: "Due sono i criteri dell’azione pastorale di san Carlo: il riferimento al Vangelo e il grido dei poveri" (pag. 29).

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Se il vescovo ci inquieta, anche ci rassicura: "Anch’io in questi anni mi sono ancor più persuaso che la vita è un viaggio da compiere con Gesù" (pag. 52) … Un viaggio che si fa per Lui, nostro primo amore, e che si fa con Lui, compagno insuperabile … non siamo da soli e niente è impossibile a Dio.
Ecco allora il mio augurio … un passo, un sorriso e avanti … sulla strada del Buon Samaritano e nel cammino della nostra Comunità Pastorale:

La speranza è la fede che l’impossibile diventi possibile. Dicono i rabbini che il Mar Rosso si aprì davanti al popolo che fuggiva dall’Egitto quando il primo ebreo vi mise dentro il piede, non già che videro il mare asciutto quindi vi avanzarono dentro ma mescolando fede e speranza, speranza e incoscienza misero il piede nell’acqua e in quel momento preciso l’acqua si aprì davanti a loro, davanti alla loro speranza. Se non ci aspettiamo l’impossibile non lo raggiungeremo mai. La speranza è la fede nella possibilità dell’impossibile (Ermes Ronchi)

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