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LA CHIESA: UNA CASA DAI CENTO PORTONI

aprile 2008 riga

TOMMASO OVVERO: IL CRISTIANO E IL DUBBIO

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò". (Gv 20,24-25)

Sono queste le preziosissime parole evangeliche che la liturgia della domenica immediatamente dopo la Pasqua ci regala.
Parole di un uomo turbato e smarrito, segnato dall’esitazione e dal dubbio, un uomo assetato di prove o almeno di un segno.
Un uomo il cui cammino è umanissimo, fatto di slanci imprevedibili e improvvisi ma anche di lentezze e di paure.
Un uomo che ci somiglia, un uomo in cui possiamo riconoscere i nostri dubbi, la nostra sete di vedere, toccare, capire …
«A noi giovò di più l’incredulità di Tommaso che la fede degli apostoli», afferma paradossalmente ma incisivamente S. Gregorio Magno.
Il suo percorso che parte dal dubbio, che chiede ragione e che sfocia in una splendida professione di fede, il suo arrendersi all’amore, ci scuote. Ci fa da maestro.

Per addentrarci nella vicenda di Tommaso e del suo dubbio, ritengo prezioso partire da una forte affermazione di André Frossard:

Il cristianesimo è la religione della ragione;
si distingue dal razionalismo che si tappa le orecchie quando si dice Dio

Il Cristianesimo come religione della ragione è stata anche la scoperta di Magdi Allam che ha scritto in una lettera al direttore del Corriere della Sera:

Nella mia prima Pasqua da cristiano io non ho scoperto solo Gesù, ho scoperto per la prima volta il vero e unico Dio, che è il Dio della Fede e Ragione. …
Ma indubbiamente l’incontro più straordinario e significativo nella decisione di convertirmi è stato quello con il Papa Benedetto XVI, che ho ammirato e difeso da musulmano per la sua maestria nel porre il legame indissolubile tra fede e ragione come fondamento dell’autentica religione e della civiltà umana
(23/3/2008).

Ma se il cristianesimo è la religione della ragione, così il dubbio che è il proprium della ragione, della filosofia, diventa anche il proprium del cristiano.
Certo, ci sono due estremi da evitare: non dubitare di niente e dubitare di tutto.
Il dubbio è come il sale: se è eccessivo rende il cibo disgustoso ma se manca, il cibo perde la sua bontà.
Sono veramente convinto, anche per esperienza personale, che la fede abbia a che fare con il dubbio anzi, condivido la tesi di Thomas Merton: "I veri esperti di ateismo sono i monaci". Ciò significa che più un cristiano ha una fede profonda, più è tentato dall’incredulità, dal dubbio.
Indimenticabili al riguardo alcune pagine delle lettere di Madre Teresa di Calcutta.
E indimenticabile la confessione di un grande credente cristiano, Dostoevskij:

Sono un figlio del dubbio e dell’incredulità. Quale terribile sofferenza mi è costata e mi costa questa sete di credere, che è tanto più forte nella mia anima quanto sono più numerosi in me gli argomenti contrari… E’ attraverso il crogiuolo del dubbio che è passato il mio "osanna".

Come è successo A Tommaso. Come è successo a tutti i testimoni del Risorto, come narrano i Vangeli.

La lentezza a credere di tutti i testimoni della Pasqua, delle donne che, addirittura per paura non dissero nulla a nessuno, la fatica di Maria di Magdala, di Pietro, degli Undici, di Tommaso, dei due di Emmaus, il loro lungo dubitare e cercare mi confortano, perché mi salvano dai due estremi di quella tenaglia che sembra stritolare l’uomo di oggi: l’indifferenza religiosa senza pathos e senza ricerca; dall’altro il tremendo fondamentalismo, senza il dubbio benefico della domanda, del fanatismo che è solo pathos senza ricerca e senza domande. (Ermes Ronchi)

Non ho più dimenticato un invito potente e appassionato del grande parroco don Primo Mazzolari (1890-1959) che rivolgendosi ai cristiani presenti alla Messa diceva loro che quando si entra in chiesa bisogna togliersi il cappello, non la testa …

I dubbi ci rendono "fragili" ma, dice san Paolo: «quando sono debole è allora che sono forte» … La fragilità non è un freno al cammino, è una inesauribile risorsa per ogni cristiano, per la Chiesa intera.
Ecco allora un sogno-desiderio del vostro parroco che ho trovato delineato in maniera magistrale dal vescovo Albert Rouet, arcivescovo di Poitiers che così scrive:

Mi piacerebbe una Chiesa che osi mostrare la sua fragilità. Nel Vangelo non si nasconde che il Cristo ha avuto fame e che è stato stanco. Talvolta la Chiesa dà invece l’impressione di non aver bisogno di nulla e sembra che gli uomini non abbiano niente da darle. Vorrei una Chiesa che si metta ad altezza d’uomo senza nascondere che è fragile, che non sa tutto e che anche lei si pone delle domande.

TOMMASO OVVERO: UNA CHIESA OSPITALE

La vicenda di Tommaso poi ci mostra che sono tanti gli itinerari che conducono a Dio, tante le vie, tanti i sentieri e che ci sono spesso tempi diversi, luoghi diversi per arrivare alla fede in Gesù, per incontrare Gesù di Nazareth.

Ecco allora un altro sogno-desiderio – legato al percorso originale di Tommaso – che il vostro parroco ogni giorno si impegna a realizzare: quello di far crescere in questa parrocchia un volto di Chiesa "ospitale" cioè una comunità dove ci sia posto per tutti, dove ciascuno si senta accolto volentieri e sia prezioso per tutti e possa fare un’esperienza vera della Divina Misericordia.

Ritengo geniale che questa domenica dopo la Pasqua dedicata a S. Tommaso sia celebrata in tutto il mondo cattolico come la domenica, la festa della Divina Misericordia.
Proprio in quella domenica il Cristo appare ai suoi discepoli con i segni delle sue ferite, alle mani, ai piedi, al costato.

L’amore ha scritto il suo racconto nel corpo di Gesù
con l’alfabeto delle ferite ormai indelebili come l’amore (Ermes Ronchi)

Proprio attraverso quei segni, incancellabili come l’amore, così vicini alla nostra umanità, come spiragli attraverso cui mettere il nostro sguardo, noi oggi intravediamo la misericordia infinita del nostro Dio.
La misericordia è un tratto disarmante e incredibile del volto del Dio cristiano, riscoperta potentemente negli ultimi decenni grazie a suor Faustina Kowalska e a papa Giovanni Paolo II.
Il desiderio e l’impegno di costruire una Chiesa ospitale è così forte e centrale nel mio pensiero e nella mia pastorale che trovate questa idea scritta e ribadita sia nel Progetto Pastorale Parrocchiale 2001-2006 "I discepoli di Emmaus", sia nel Progetto Pastorale Parrocchiale 2006-2009: "Sull’albero con Zaccheo", con due affermazioni che restano – perché bellissime – nella memoria di chi le ascolta:

Quante vie conducono a Dio? Tante. Quante sono gli uomini. (Ratzinger)
La Chiesa è una casa dai cento portoni
e non ci sono due persone
che entrano esattamente dallo stesso angolo. (Chesterton)

Mi permetto due ultime annotazioni sul volto di Chiesa ospitale.
Una la rubo a Jean Vanier, fondatore dell’ARCA, una comunità che ospita handicappati mentali gravi:

La Chiesa spinge molto verso la nuova evangelizzazione, la civiltà dell’amore, eccetera; ideali che ispirano i giovani, ma non aiutano coloro che non hanno forza per assumersi questi impegni.
Nel mistero della Chiesa ci devono stare sia i militanti che i deboli: gli anziani, i malati mentali, le persone in crisi; e ce ne sono sempre di più. C’è la Chiesa dell’entusiasmo, ma serve anche una Chiesa rifugio dei feriti.

L’altra la rubo a mons. Tonino Bello:

Dobbiamo essere una Chiesa accogliente.
Una Chiesa che non fa discriminazioni,
una Chiesa che ha il cuore tenero, di carne, non di pietra.
Una Chiesa che non è arcigna.
Una Chiesa che non esclude.
Non giudicate mai nessuno!
Il vostro cuore si allarghi sempre più.

TOMMASO OVVERO: ALLA DOMENICA UN ALTARE CI ASPETTA

Gesù risorto incontrò i discepoli "il primo giorno dopo il sabato" e ancora otto giorni dopo …
Da allora, da quello splendido mattino di Pasqua, la Chiesa convoca i cristiani la domenica, giorno dell’incontro con Cristo risorto, proprio per richiamare ai nostri occhi, alla nostra mente, al nostro cuore che Gesù è presente oggi in mezzo a noi, è al centro della vita della Chiesa e del singolo credente.
Ogni domenica l’altare ci aspetta …
Ma, come ogni incontro, va atteso, desiderato, preparato.
Indimenticabile la qualità della preparazione che una gentile ebrea ortodossa ha insegnato qualche anno fa a Moni Ovaia:

Alcuni anni or sono a New York un venerdì di primavera verso le 15, stavo sulla soglia di un negozio di elettronica gestito da ebrei ortodossi che volevo varcare per fare acquisti.
Una gentile signora mi fermò e mi disse: "Mi rincresce ma stiamo chiudendo". Protestai che lo šabbat iniziava alle 17.30.
La signora mi domandò se fossi ebreo, dissi di sì, allora soggiunse: "E non capisce?"
"Che cosa dovrei capire?", replicai, "lo šabbat inizia fra più di due ore"
"E lei vuole che io riceva lo šabbat così. Non vuole che mi faccia una doccia? Che mi cambi d’abito?" (Moni Ovadia, Contro l’idolatria)

Ogni domenica, un altare, cioè Gesù risorto, ci chiama e ci attende.
L’incontro con il Signore e con l’Eucarestia domenicale diventi sempre più per ciascuno di noi il desiderio e "l’affare" più atteso di tutta settimana. Che ciascuno di noi corra all’Eucarestia, come si corre incontro all’amato.

OCCHI DI PASQUA

Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!". Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!". (Gv 20,27-28)

Tommaso ha vissuto la fatica di credere e ora prova la gioia della fede, che si traduce in una delle più belle confessioni: "Mio Signore e mio Dio" … con quel "mio" che dice tutto l’affetto, tutta l’intimità …
Tommaso si è lasciato "rubare" il cuore, si è arreso all’amore … solo all’amore ci si può arrendere … così ha potuto vedere. Con quegli occhi della fede che sanno raggiungere e vedere l’invisibile.
Sono questi gli occhi che auguro a ciascuno di voi. Occhi di gufo. Occhi di Pasqua.

Io auguro a noi occhi di Pasqua
capaci di guardare nella morte fino alla vita
nella colpa fino al perdono,
nella divisione fino all’unità,
nella piaga fino allo splendore,
nell’uomo fino a Dio,
in Dio fino all’uomo,
nell’io fino al tu.
E insieme a questo, tutta la forza della Pasqua!
(Klaus Hemmerle)

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