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UN AUGURIO UN SOGNO

giugno/luglio/agosto 2009 riga

Nel cuore di ogni mese sta un augurio, un sogno …
L’augurio è innanzitutto per tutti i sacerdoti che in questo mese ricordano il loro anniversario di Ordinazione e in particolare per don Lorenzo che festeggia i suoi primi dieci anni "da prete". Lo faccio rubando le parole a Don Luigi M. Epicoco, sacerdote di Mesagne ma residente a l'Aquila:

Il sacerdozio, come ogni altra vocazione, non è mai un discorso chiuso. Non è mai qualcosa che puoi dire "ora ho capito tutto". E questa, forse, è l’essenza stessa del cristianesimo: si deve essere disposti ad apprendere sempre… Di solito la gente pensa che i preti abbiano la risposta a tutto. Spero che non sia davvero così. Anche perché di risposte ne abbiamo ben poche oggi. Sappiamo però che il nostro ruolo non è quello di dare delle risposte, ma di suscitare domande giuste nei cuori della gente. Perché la risposta non è un’invenzione di preti, né un argomento deciso da qualche maggioranza. La risposta è Gesù Cristo, e non c’è niente da inventarsi. Le domande, quelle sì che sono roba nostra. La vera educazione che un prete fa alla sua gente è quella di suscitare domande vere. Di aiutare le persone a tornare a chiedere un senso, a tornare a puntare in alto, a non accontentarsi di una vita mediocre.
Un prete non è uno che la sa lunga, ma uno che sa che la storia e la vita sono più profonde di ciò che appaiono in questo istante. … La Chiesa non è quella delle pietre, ma è quella delle persone. Ed è l’amore il collante che ci tiene insieme, non i confini parrocchiali. Ma questa conversione l’ho imparata nel fragore del terremoto. Prima la predicavo, oggi la sperimento.
… Ogni giorno che passa sono sempre più felice di essere prete. E mentre gli altri fissano lo sguardo sui nostri sacrifici o sui nostri limiti, io sono sempre più grato a Dio per il dono del sacerdozio. E lo sono anche oggi mentre rincorro le mie pecore disperse un po’ ovunque, e mentre non ho più una Chiesa dove celebrare la messa. La gratitudine di cui parlo è una felicità che non dipende dai contesti, ma è vera sempre, anzi lo è di più in assenza di altri confort. Forse molti non ci credono, ma anche i preti possono essere felici. Io lo sono, e non sono il solo.

Posso dirlo anche per me … sono felice di essere prete!

Auguro a don Lorenzo e a ogni prete del Suffragio di avere sempre un cuore abitato dal Cristo Risorto e dalla gente: tutta la storia e la vita di un prete sono scritte lì.

Il sogno è lo stesso del nostro cardinale Dionigi Tettamanzi, un sogno audace che sta già scritto nel titolo del suo ultimo libro "Non c’è futuro senza solidarietà".
E’ un sogno-invito alla città di Milano a ritrovare nuovamente la propria anima, a ritrovare un grande spirito di solidarietà e un alto senso di responsabilità, nel segno di una sobrietà personale e sociale.
E’ un sogno-invito per ogni cristiano e per ogni comunità parrocchiale perché diventi protagonista in questo percorso a favore degli ultimi perché - lo ripete sempre il nostro cardinale - i diritti dei più deboli non sono diritti deboli.
Così come ci ripete di non aver paura, di non leggere la presenza dell’altro, dello straniero come una minaccia per la nostra sicurezza, e ci chiede uno sguardo nuovo. Per non cadere in antichi errori ...

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini li uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.

Provate a pensare quando e dove lo hanno scritto ? Pensateci bene e poi leggete qui: Dalla relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
Già, per non cadere in antichi errori …

Con l’augurio di una serena estate.

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