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GRATITUDINE E SOGNI

Sami Briss Autour du village

Sami Briss: Autour du village settembre 2021
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GRATITUDINE E SOGNI

da don Marco Caraffini e don Michele Di Nunzio

a don Eugenio Calabresi e don Giuseppe Grisa

 

Valigie e cuore

Non è un solito settembre. È un inizio ricco di saluti e di benvenuti … è l’annuncio evangelico che ci porta sempre su strade nuove, ci fa essere “nomadi”, ci chiama a nuovi viaggi.

Un viaggio è un gioco di valigie, di sacchi, di borse. Biancheria profumata di fresco e ben stirata, messa in ordine, quasi numerata per i giorni da spendere. Biancheria ammucchiata, sporca, disordinata, affaticata di sudore misto a profumi, essenze o lezzo: memorie di emozioni o delusioni. Valigie fatte o disfatte: attese, speranze, ricordi, bilanci. L’acqua deterge ogni cosa e riconsegna il bagaglio all’antico stato, pronto per la nuova impresa.

Il cuore è diverso, altra cosa: non si lava facilmente. Cresce e si gonfia nutrito dal viaggio e somma a strati le sue pareti come tacche della storia, metro e misura dell’anima, che l’una sull’altra combaciano quasi a confondersi, a bilanciarsi, a mescolare i ricordi che all’improvviso riaffiorano precisi, come gioia o dolore, sconfitte o vittorie, stimolati da un inaspettato suono, da un particolare retrogusto, eccitati dall’odore della terra o dal contatto di un oggetto. Forse per questo il viaggiatore conserva reperti, per provocare il cuore … (E. De Luca - G. Matino, Mestieri all’aria aperta)

Il cuore è diverso, lo so. Il cuore è diverso perché alcuni “viaggi” sono speciali. Il cuore è diverso … si nutre di sogni, di affetti, di nostalgia, di timore, di tenerezza, di dolcezza, di consolazione, di gratitudine. Credo che in questo essere “nomadi”, pronti a lasciare, partire, ripartire, stanno scritte la storia, la vera povertà e castità di un prete.

I saluti e i benvenuti si colorano di gratitudine, sogni e auguri per don Marco Caraffini e don Michele Di Nunzio che lasciano Vimercate per Milano e per don Eugenio Calabresi e don Giuseppe Grisa che da Cantù e da Varedo arrivano nella nostra comunità pastorale.

 

Tra ping pong, Concilio e cucina

Sono rimasto affascinato da un’intervista rilasciata da Renzo Piano nello scorso giugno in cui paragonava la vita creativa a una splendida, interminabile, partita a ping pong. Ciò che conta, diceva, è che «qualcuno ti dia un riscontro. Tu hai un’idea, l’altro ci trova qualcosa di buono e la afferra, un terzo la commenta e ci aggiunge qualcosa. Finalmente torna a te e prende forma. È così che vengono le idee. Butti la pallina, un altro risponde. E di rimbalzo in rimbalzo, da un giocatore all’altro, da un tavolo all’altro, alla fine quella pallina torna nel tuo campo, ma torna modificata. Bisogna giocare a ping pong con gli altri, non contro un muro, non da soli. Perché certo, può anche venirti una buona idea ma se quella idea resta lì, solitaria, si sgonfia, va ad esaurirsi e prima o poi si perde. Invece prende forza quando ci sono gli altri.È il confronto che rende forti. Le idee e le persone».

Con don Marco e don Michele è stato proprio così. Negli incontri personali, negli incontri di diaconia della comunità pastorale sono stati ottimi e incalzanti interlocutori, portatori di idee, di dubbi, di domande e proposte. E tutto è stato significativo e prezioso.

Don Marco ha scritto, parlando della sua esperienza a Oreno cominciata 15 anni fa: «Il servizio cui ero chiamato era proprio di collaborare con il Vescovo nel costruire la Chiesa secondo il Concilio Vaticano II». Ed è proprio questo che augura alla sua comunità: «Vi auguro di aiutare a costruire una Chiesa secondo il Concilio, con coraggio, con fede».

Don Marco si è davvero speso con generosità e creatività in tutti questi anni per questo obiettivo e lo ringrazio di tutto cuore perché, come diceva il card. Albino Luciani, poi papa Giovanni Paolo I:

Il Concilio ci offre nuove idee e nuove proposte per una più incisiva e illuminata azione culturale, spirituale, ecclesiale e pastorale nel solco della fede e dell’unità. Guai a noi se ne intralciassimo il cammino con riduttive interpretazioni, restringendo l’immenso lavoro, fatto sotto la guida dello Spirito Santo, ad una funzione puramente pastorale.

Gli auguro di continuare a essere prete del Concilio, gli auguro che il suo tempo, lì dove sarà, sia sempre un grande e meraviglioso dono da “spendere” con tutto il rinnovato entusiasmo, la competenza di cui è capace. Gli auguro che chi lo incontrerà nella sua nuova comunità possa dire, come diceva Georges Bernanos, «Nella Chiesa io mi sento a casa mia»e che attraverso il suo cuore si possa arrivare al Vangelo.

Don Michele, da nove anni a San Maurizio, ci ha sempre sorpreso con la sua conoscenza da cultore del diritto e non solo, ma anche col suo “spirito terronico”, come lo chiama lui, in mezzo a noi brianzoli … Per ringraziarlo parlo delle sue mirabili doti di chef! Perché la cucina ha valore «teologico»:

La cucina è un luogo di trasformazione, nulla deve restare uguale.  Il dolce, l’acido, l’amaro e il salato vengono in combinazioni mai esistite. Tutto è creatura nuova, tutto è rimesso a nuovo. Ciò che è buono da mangiare deve essere anche bello a vedersi. La cucina conosce la teologia agostiniana: lì l’uti (l’uso) non dimentica mai che esiste solo al servizio del frui (il «godimento»). Lo scopo del lavoro è la gioia. Ma da sola la cucina è morta. Perché viva occorre un’anima: il cuoco. Il cuoco vive nel futuro, è un essere escatologico. La cucina è l’arte di rendere reale ciò che non lo era, di rendere presente ciò che era assente: eccellente metafora eucaristica. I cuochi non cucinano per se stessi ma per gli altri. Loro mangiano la gioia che leggono sui volti durante il pasto. (Rubem Alves, Parole da mangiare)

Lo ringrazio per avermi invitato, insieme alla sua cara mamma Carolina, anche lei cuoca superlativa, a vivere questa esperienza dal sapore teologico. E gli auguro di essere sempre costruttore di gioia del vivere e del credere, prete che mostra tutta la vivacità, la forza e la fantasia dello Spirito Santo.

 

Flauto e fuoco

A don Eugenio che abiterà a Oreno e a don Giuseppe che abiterà a San Maurizio auguro tutto il bene possibile, dentro la complessa, tormentata, ma affascinante esperienza della comunità pastorale. Sono felice di cominciare un nuovo cammino con loro cui consegno questo sogno-invito scritto da don Giorgio Basadonna:

Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto
(Matteo 11,17)
Un prete-parroco deve ascoltare intensamente
il flauto che suona e invita alla danza:
il suono e la danza della gioia di un bambino
della speranza di un giovane
dell’amore degli innamorati
e, come il fuoco,
deve saper danzare con loro dando vita a nuove scintille …
Un prete-parroco deve saper decifrare i lamenti degli uomini,
quelli urlati e quelli bisbigliati
e, come gli scogli, lasciarsi raggiungere dall’onda della sofferenza
rimandando spruzzi di speranza.

Sono già certo che la presenza di don Eugenio e don Giuseppe regalerà nuova linfa, in passione e unità, al cammino della nostra comunità pastorale. Per questo ho scelto come immagine di copertina l’opera Autour du village dell’artista rumeno-israeliano-francese Sami Briss. Un villaggio “abbracciato” da un uccello e da un pesce che per i cristiani sono simbolo dello Spirito Santo e del nostro Maestro Gesù. Quale modo migliore se non cominciare da e in questo abbraccio?

 

Gessi e medaglie

Come dicevo all’inizio so che alcuni viaggi sono speciali. Dentro vi si affollano mille sentimenti, pezzi di vita … Mi sono emozionato ascoltando le parole del saltatore Gianmarco Tamberi in risposta alla domanda che gli hanno posto dopo aver vinto la medaglia d’oro: In pedana ha portato il gesso dell’infortunio che le fece perdere i Giochi di Rio. Che fine farà adesso? «Non si separerà mai dalla medaglia. Gesso e oro olimpico come dolore e gioia: pezzi della mia vita» … croce e resurrezione eternamente legate. Che siano pezzi di vita nuova per don Marco, don Michele, don Eugenio, don Giuseppe.

 

don Mirko Bellora

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