CON LA SPERANZA ADDOSSO
Non c’è mai stato e non c’è nulla di più bello per me che veder rinascere nelle persone che ho incontrato e incontro la speranza. Ho da sempre cercato di seminare speranza, perché sono straconvinto che tutto ciò che viene fatto nel mondo, viene fatto dalla speranza. È la speranza che cambia il volto e il cuore degli uomini, il volto del mondo. Ed è magnifico vedere tanti occhi di nuovo vivi per aver di nuovo ripreso e saputo gustare la speranza. Anche in tempi di mascherine…
Con la  Pasqua nasce e rinasce la speranza. Far Pasqua è credere che Cristo è vivo  oggi, vive nella storia di oggi e di ognuno e la anima, la sostiene con la  forza sorprendente del Vangelo, del suo spirito, lo Spirito Santo, e della sua  vicinanza.
  Far Pasqua è accogliere la speranza, una  speranza non meno che eterna. Far Pasqua è “far nascere senza posa la speranza  là dove ci sono ragionevoli motivi di disperazione”. Far Pasqua ti rimette  sempre in cammino su quella strada dove l’impossibile diventa possibile.
Ce lo suggerisce anche la storia incredibile narrata nel piccolo libro L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono. In un’arida regione della Francia, dove la gente è poca, scontrosa e ostile, c’è un uomo che per anni e anni ogni mattina si alza e percorre a piedi chilometri per andare a ficcare nella terra secca i semi degli alberi. Ha un bastone appuntito che gli serve per fare i buchi e un sacco dove tiene le sementi. Ogni giorno riesce a piantare centinaia di semi, sempre più lontano da casa: a volte nemmeno uno attecchisce e germina, la terra è dura e ingrata, gli uccelli beccano i semi e la giornata pare sprecata, ma l’uomo ostinatamente prosegue nella sua strana missione. Dopo qualche decennio quelle brulle pendici sono divenute colline verdeggianti e anche il clima s’è fatto più benevolo grazie ai boschi che sembrano nati dal nulla. Giovani coppie sono arrivate ad abitare la regione, il carattere della gente è più aperto e la vita riprende a scorrere con fiducia. Così, sembra suggerirci Giono, cambiano nel profondo la geografia e l’animo degli uomini: grazie ad un gesto caparbio, intelligente, generoso. Grazie a una splendida e testarda speranza…
Grazie alla Pasqua, grazie al Signore risorto siamo tutti invitati a diventare “cantori” della speranza, “cirenei” della gioia. Mons. Tonino Bello, con la sua profezia e poesia, l’ha scritto in modo indelebile:
Noi  conosciamo bene il Cireneo della croce. Una lunga dottrina ascetica ci ha  abituati a pensarci soccorritori delle sofferenze del mondo, a sentirci gente  che aiuta il mondo a portare la croce. Perché non ci pensiamo invece come gente  che aiuta il mondo a portare la gioia?
  A me  sembra indispensabile tutto questo: noi non siamo solo i portatori della  sofferenza del mondo, non siamo i cirenei che aiutano il mondo a portare  soltanto la croce.
  Non  possiamo dimenticare che uno dei documenti più importanti e più belli del  Concilio Vaticano II comincia proprio con questa espressione carica di luce: Gaudium et Spes.
  Ricordate  certo quelle parole benedette:
«Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Con questo  preludio solenne - è come una diga squarciata dai pensieri di Dio - la Chiesa  sembra dire al mondo: «D'ora in poi le tue gioie, o mondo, saranno le mie  gioie, spartirò con te il pane amaro delle tue tristezze, mi lascerò  coinvolgere dalle tue stesse speranze, e le tue angosce stringeranno pure a me  la gola con identico groppo di paura». Sembra incredibile. Eravamo abituati a  condividere solo i dolori del mondo. Una lunga dottrina ascetica ci aveva  allenati a farci carico esclusivamente delle sofferenze dell'umanità. Eravamo  esperti nell'arte della compassione. Nelle nostre dinamiche spirituali aveva  esercitato sempre un fascino irresistibile il Cireneo della croce, ma i maestri  di vita interiore non ci avevano fatto mai balenare l'idea che ci fossero anche  i cirenei della gioia.
  Ecco ora  lo sconvolgente messaggio: le gioie genuinamente umane, che fanno battere il  cuore dell'uomo, per quanto limitate e forse banali, non sono snobbate da Dio,  né fanno parte di un repertorio scadente che abbia poco da spartire con la  gioia pasquale del Regno. 
  Facciamo suonare le campane della speranza. Sarebbe bello che la gente dicesse di tutti noi che siamo “quelli che  fanno suonare le campane”, le campane della gioia di Pasqua, le campane della  speranza. (Don Tonino Bello)
Ciascuno di noi è chiamato a seminare speranza, a  essere la speranza che ci abita da quello incredibile mattino di Pasqua, a  vivere con la speranza addosso, splendido “vestito” tessuto con i “panni funebri di un  corpo d’amore risorto” (R.S. Thomas) ...
  Credo che  il giorno in cui il Signore creò la speranza, fu probabilmente lo stesso giorno  in cui creò la primavera. Quella primavera che sa rompere le zolle gelate, che  sa frantumare anche il cemento per far nascere nuove radici e nuovi fiori.  Dobbiamo tutti imparare dalla primavera! Tutti  noi che possiamo inciampare, cadere, sbagliare, ma che continuiamo a credere  nella speranza, rialziamoci e facciamola risplendere!
  Allora  prego così per ognuno di noi: “Padre nostro non ci abbandonare alla tentazione,  la tentazione di non sperare”…

 
