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OGNUNO È ACQUA OGNUNO è SETE

Samaritana

He Qi - Samaritana al pozzo di Sicar febbraio 2021
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OGNUNO È ACQUA
OGNUNO È SETE

Il Consiglio Pastorale della nostra comunità ha scelto come “icona” del nuovo Progetto Pastorale la donna Samaritana (Vangelo di Giovanni 4,5-42). Scelta straordinaria per tutto ciò che può nascere in ciascuno di noi e nella nostra comunità pastorale.
L’episodio della donna samaritana che incontra Gesù al pozzo di Sicar viene riproposto nella liturgia ambrosiana ogni anno, alla seconda domenica di Quaresima. È un racconto incalzante, sovrabbondante in livelli di lettura, simboli, inviti, messaggi più che preziosi per accompagnare il nostro progetto pastorale.

LA SALVEZZA IN UNO SGUARDO

C’era più di una ragione per mantenere le distanze, ma come sempre Gesù sovverte ogni regola religiosa, rompe ogni schema, scavalca e abbatte ogni barriera di sesso, di nazionalità, di religione e si mette a parlare con una donna, una donna samaritana dalla vita piuttosto “irregolare”. Lo fa con una straordinaria libertà, quella che gli permette incontri meravigliosi e insieme sconvolgenti. Come quel giorno al pozzo di Sicar quando conduce una donna a vivere una stupenda avventura esistenziale e spirituale, quando la conduce a una nuova nascita. Tutto è cominciato da uno sguardo…

Una delle verità fondamentali del cristianesimo,
verità troppo spesso misconosciuta,
è questa: ciò che salva è lo sguardo.(Simone Weil)

Negli occhi e nelle parole di Gesù non c’è spazio per l’aggressività, il pregiudizio, l’accusa, la condanna moralistica. A Gesù non importa chi sia stata, o che cosa abbia fatto in passato la donna di Samaria, a lui importa chi sarà. Gesù contempla in modo mirabile ogni persona nella sua verità più profonda e così sa far ritornare a galla quella realtà nascosta oscurata dal peccato, sa liberare tutta la bellezza che abita in ognuno, tutta la luce a volte sepolta in ciascuno, sa riaprire la strada alla speranza, al desiderio e alla possibilità di ricominciare. Così arriva dritto al cuore della samaritana: la ama e la “conquista”. Attraverso la via del cuore Gesù ha destato in lei una nuova sete, un’altra sete, nuovi desideri. Il desidero di un di più, di un oltre. Il desiderio di Dio.

Che lo sguardo di Gesù alla donna di Samaria attraversi la nostra vita e diventi il nostro sguardo su di noi, su ogni persona, sulla nostra amata comunità e sulla nostra amata città! Da sguardi così e da un cuore di carne, ricolmo di tenerezza e di desiderio di maggiore giustizia rifioriscono i cristiani e sicuramente nascerà uno splendido progetto!

Amiamo il mondo e la storia. / Vogliamogli bene.
Prendiamolo sottobraccio.
Usiamogli misericordia. / Facciamogli compagnia.
Adoperiamoci perché la sua cronaca diventi storia di salvezza.
Coraggio! Riscoprite i volti!
Non abbiate paura che vi accusino di parzialità se partite dai più deboli.
(mons. Tonino Bello)

SCONFINARE

L’amico poeta don Angelo Casati ha commentato splendidamente l’incontro avvenuto al pozzo di Sicar. Le sue parole ci chiedono un sincero “esame di coscienza” personale e comunitario, ci indicano uno stile, nuovi sogni, nuovi sguardi, nuove aperture, ci invitano a “sconfinare”, come ha fatto Gesù, il nostro Maestro:

Confidiamo nello stile di Gesù. Quello al pozzo di Sicar, nell’incontro con la donna samaritana. Non ci spetterebbe di sconfinare, come Gesù ha sconfinato? Prese quel giorno non la strada dritta, la tradizionale, per recarsi in Galilea. Non dovremmo sconfinare anche noi e anziché parlare dalle cattedre, sedere al pozzo nell’ora più calda del giorno? Al pozzo di Sicar traspira la tenerezza di un amore più forte di ogni pregiudizio. Invece noi siamo lontani, lontanissimi dall’aver imparato la lezione del pozzo di Sicar. Di questo Gesù che passa i confini, il confine tra ortodossi e non ortodossi, tra puro e impuro, tra un monte dell’adorazione e un altro monte antagonista. Quale chiesa può far pulsare un fiotto di vita nelle vene dell’umanità? La chiesa che siede al pozzo, una chiesa mai stanca dell’umanità, mai stanca della compagnia degli uomini e delle donne del nostro tempo, una chiesa che parla sottovoce, come il rabbì alla donna del pozzo, una chiesa che sa chiedere un po’ d’acqua confessando il suo bisogno, una chiesa che parla delle cose della vita, una chiesa che non invade le coscienze, che fa emergere pazientemente le attese del cuore, scavando nel bene che rimane comunque in ogni cuore. Con che volto accostiamo l’altro, con che occhi lo guardiamo? Ci abita, dentro, lo sguardo del rabbì del pozzo per la donna samaritana? E sappiamo sognare, come faceva lui, il maestro?

Il nostro Maestro, con tutta la sua delicatezza e la sua profondissima umanità, ci ha mostrato il vero volto del nostro Dio e ci chiede di assomigliargli per gustare e far gustare a tutti quel di più di vita, libertà, tenerezza, fraternità, misericordia scritte nelle righe evangeliche, nella vita secondo il Vangelo. Senza dimenticare che chi “sconfina” vede meglio e vede oltre …

OGNUNO È ACQUA E OGNUNO È SETE

Così ha scritto Danilo Dolci - poeta, educatore, sognatore diurno: “Ognuno è acqua e ognuno è sete”… straordinaria immagine! Anche questo messaggio è scolpito nelle righe del capitolo 4 del vangelo di Giovanni. Lì, al pozzo di Sicar, si incontrano due assetati che diventano sorgente, acqua per gli altri. Gesù col suo dono divino. La samaritana col suo correre ad annunciare chi ha incontrato. Diventare sorgente per qualcuno è un cammino stupendo! Ma dentro occorre avere una grande sete, una sete inesauribile di Dio, della sua Parola, del suo Pane, di preghiera.
L’Eucaristia, cuore di ogni domenica, mensa della Parola e del Pane santo, è oggi il vero pozzo di Giacobbe: lì c’è uno, Gesù di Nazareth, il Vivente, l’uomo dell’acqua viva, che mi aspetta, che ci aspetta. Si deve ricominciare da Lui e con Lui, che ci regala il suo Spirito. Si può ricominciare, possiamo ricominciare tutti e in qualsiasi momento, grazie a Lui. Con Lui si può “primaverare”, direbbe papa Francesco.
Questo deve essere il nostro cammino: andare verso quella sorgente di acqua viva che è Gesù, sorgente che zampilla per la vita eterna. Senza paura, ciascuno di noi dica, come la samaritana: “Signore, dammi di quest’acqua”. E da assetati scopriremo che si può diventare sorgente, fontana per gli altri … sete e acqua.

Ti darò un'acqua che diventa sorgente! Gesù: lo ascolti e nascono fontane. In te. Per gli altri. Va al pozzo la donna di Samaria come mendicante d'acqua e ne ritorna come mendicante di cielo. Va con una brocca e ne ritorna con una sorgente. La samaritana ab­bandona la brocca, corre in città, ferma tutti per strada, testimonia, profe­tizza…
La donna di Samaria capi­sce che non placherà la sua sete bevendo a sazietà, ma placando la sete d'altri; che si illuminerà illuminando altri, che riceverà gioia do­nando gioia. Diventare sorgente, bellissimo pro­getto di vita per ciascuno: far sgorgare e diffondere speranza, accoglienza, a­more. A partire da me, ma non per me. (p. Ermes Ronchi)

DALLA SAMARITANA AL SAMARITANO

Forse il prossimo progetto pastorale dovrebbe farsi illuminare e guidare anche da un altro personaggio evangelico, anche lui un samaritano, il buon samaritano (Luca 10,25-37). La parabola nasce dentro un dialogo su chi sia il prossimo, ma Gesù come sempre “spiazza” chi lo ascolta: il prossimo non è colui di cui tu ti vuoi occupare, il prossimo sei tu quando ti prendi cura … non chi tu ami, ma tu quando ami.
Il Samaritano della parabola, diversamente dal sacerdote e dal levita, si lascia “toccare” dall’uomo ferito, entra nel movimento della misericordia. Ne nasce un dialogo senza parole: un corpo ferito parla al cuore del samaritano che si lascia commuovere. Lasciarsi ferire dalle ferite dell’altro. Un capolavoro di attenzione, misericordia, tenerezza, concretezza, cura che deve farsi strada anche nella nostra cura pastorale: «Va’ e anche tu fa’ lo stesso» … Questa parabola, così “scomoda” e impegnativa, deve essere scritta e riscritta da ognuno di noi e dalla nostra comunità pastorale lungo la storia di ogni giorno, è una pagina che deve entrare nel libro della nostra vita, delle nostre scelte. Vedere, fermarsi, entrare in relazione, farsi carico e coinvolgere anche altri nel prendersi cura. “Rubo” ancora le parole a padre Ermes Ronchi:

Il mondo è un immenso pianto, e «Dio naviga in un fiume di lacrime» (Turoldo), invisibili a chi ha perduto gli occhi del cuore, come il sacerdote e il levita. Il samaritano si prende cura dell'uomo ferito in modo addirittura esagerato. Ma proprio in questo eccesso, in questo dispendio, nell'agire in perdita e senza contare, in questo amore unilaterale e senza condizioni, diventa lieta, divina notizia per la terra. Vedere, fermarsi, toccare: piccoli gesti. Ma la notte comincia con la prima stella, il mondo nuovo con il primo samaritano buono.

Buon cammino e buon progetto pastorale!

don Mirko Bellora

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