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LA LINGUA MATERNA

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Chagall: Il santo vetturino (1911) giugno-luglio-agosto 2019
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LA LINGUA MATERNA

«Che cosa c’è apparentemente di più inutile, di più sterile, dell’immensa distesa e dell’enorme massa dei ghiacciai? Ma si pensa che, senza la loro necessaria azione, la vita sarebbe scomparsa già da tempo nelle pianure e lungo le valli? Al contatto delle cime ghiacciate, ritenute mute, l’aria si purifica, si rinfresca e ridiscende, nuova, per rendere possibile la vita».
Avevo diciott’anni quando ho sentito questa affermazione, che si definirebbe oggi ecologista, dalle labbra del teologo Pierre Termier. Essa ha assunto per me un valore simbolico. Il ghiacciaio è veramente in continuo mutamento e rinnovamento. Nelle profondità della sua massa colossale, esso galleggia praticamente sulle acque che, sotto il suo peso, si sprigionano e fanno sgorgare, lontano, sorgenti e torrenti. Ho avuto la fortuna di passare, al caldo nei rifugi, notti intere sul ghiacciaio e di ascoltare lo strano ritmico brusio che produce il rumore dei seracchi che si muovono, si spezzano, e fanno di volta in volta spezzare e saldare insieme spazi in perenne tensione. E ho avuto la fortuna, come ho detto, di conoscere la pace silenziosa del monastero. Credetemi: anch’essa è attiva. Una sera, il padre abate mi invitò a parlare ai Benedettini di Saint-Wandrille e io ricordai loro le riflessioni di Pierre Termier. Nei giorni seguenti, quando i monaci mi incrociavano sorridenti, mi sembrava di poter leggere nei loro occhi gentilmente canzonatori: «Il ghiacciaio ti saluta». Si sorride molto a Saint-Wandrille. Vi regna una gioia inesauribile. Essa mi richiama alla mente l’immagine dell’alta montagna: lentamente si sale e ad ogni colle si resta abbacinati, ogni volta un po’ di più, e si continua a salire, impazienti di essere abbagliati ancora maggiormente. (Abbé Pierre, Testamento)

Apparentemente inutile ... eppure rende possibile la vita. Così un ghiacciaio.
Così è la fede, così la preghiera per i cristiani.
Qual è la radice dei nostri riti, del nostro celebrare la Messa, del nostro avvicinarci ai sacramenti, delle nostre preghiere, dei nostri gesti di solidarietà?
È la fede, è la fede che nasce da un incontro, da una seduzione, da una passione! Come ci racconta splendidamente padre Ermes Ronchi:

La vita non avanza per ingiunzioni ma per seduzioni. E la passione, l’attrazione, la seduzione nascono dalla bellezza. La passione per Dio nasce dall’aver scoperto la bellezza di Cristo. Dio non ci attira perché onnipotente, non ci seduce perché onnisciente: per queste cose lo si può anche ammirare, perfino obbedire, ma non amare. Dio ci seduce con la vita bella di Cristo. Perché preferisce essere amato che obbedito. (Ermes Ronchi, Tu sei bellezza)

La vita bella di Cristo … come conoscerla? La possiamo intravedere e ammirare nella vita, nelle scelte audaci, controcorrente dei tanti testimoni di sempre. E la possiamo “leggere” nel Bibbia. Come diceva San Gregorio Magno: “Leggere la Bibbia è imparare a conoscere il cuore di Dio attraverso le sue parole”. La Bibbia è un libro da bere, da mangiare, che ci fa crescere, cambiare, che ci illumina, che persino ci ferisce come una “spada a doppio taglio”.
Ecco quello che scriveva qualche anno fa il cardinale di Parigi Jean Marie Lustiger:

Per comprendere, scoprire la Parola di Dio occorre che leggiate il Vangelo insieme, e non solo la domenica; occorre che vi diate i mezzi per leggere la Bibbia, per pregare: senza questo nutrimento, la vostra fede sarà vacillante. Dovete imparare il Vangelo come la lingua materna e far vostra la storia di cui siete eredi: altrimenti sarete dei figli smarriti. Occorre che la Parola di Dio diventi la vostra lingua materna, ispiri il vostro cuore, abiti nel vostro spirito, nutra la vostra esistenza, diventi il cuore stesso della vostra vita. L’ideale è che ciascuno, secondo il suo talento e la sua vita, sia talmente pieno di quella Parola da consentire a Dio di servirsi di lui come vorrà. Lasciatevi amare da Dio che è la Vita, e sarete testimoni della vita, della generosità e della sovrabbondanza. Amate la vita e il nostro paese diventerà vivo; e gli uomini ameranno la vita.

Il Vangelo come “lingua materna” … quella che non si scorda mai!
Qualche mese fa, p. Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica” scriveva così:

Dopo anni in cui forse abbiamo dato per scontato il rapporto tra Chiesa e popolo e abbiamo immaginato che il Vangelo fosse penetrato nella gente d’Italia, costatiamo invece che il messaggio di Cristo resta, talvolta almeno, ancora uno scandalo. Sentimenti di paura, diffidenza e persino odio – del tutto alieni dalla coscienza cristiana – hanno preso forma tra la nostra gente.

Proprio per questo nel tempo estivo, dove le ore sembrano essere più lente e più dilatate, auguro allora a me e a ciascuno di voi «l’esperienza del ghiacciaio», proponendovi la lettura, una lettura da ripetere più volte (da imparare a memoria?) dello splendido “Inno all’amore” che troviamo nella 1^ lettera di Paolo ai Corinti (13,1-8.13), che vi propongo nella traduzione interconfessionale in lingua corrente:

Se parlo le lingue degli uomini
e anche quelle degli angeli,
ma non ho amore,
sono un metallo che rimbomba,
uno strumento che suona a vuoto.
Se ho il dono di essere profeta
e di conoscere tutti i misteri,
se possiedo tutta la scienza
e anche una fede da smuovere i monti,
ma non ho amore, io non sono niente.
Se do ai poveri tutti i miei averi,
se offro il mio corpo alle fiamme,
ma non ho amore, non mi serve a nulla.
Chi ama è paziente e generoso.
Chi ama non è invidioso, non si vanta,
non si gonfia di orgoglio.
Chi ama è rispettoso,
non cerca il proprio interesse,
non cede alla collera, dimentica i torti.
Chi ama non gode dell’ingiustizia,
la verità è la sua gioia.
Chi ama tutto scusa, di tutti ha fiducia,
tutto sopporta, mai perde la speranza.
L'amore non tramonta mai.
Ecco dunque le tre cose che contano:
fede, speranza e amore.
Ma più grande di tutte è l'amore.

Sono parole che ci interpellano sempre e da sempre. Dicono innanzitutto lo stile dell’amore di Dio per ciascuno e invitano potentemente ognuno di noi all’amore.
Se manca l’amore, vuol dire che abbiamo perduto il nostro essere “ad immagine” di Dio, vuol dire che non siamo più in grado di raccontare Cristo, con quel fuoco nel cuore che porta impresso Il santo vetturino di Chagall che ho scelto per la copertina.
Se manca l’amore il vangelo perde il suo profumo … come diceva Gandhi rivolgendosi ai cristiani:

Anche la rosa ha il suo vangelo.
Non ha un linguaggio ma ha un profumo.
Perfino il cieco che le passa accanto ne avverte la presenza.
Il vostro vangelo è meglio del vangelo della rosa.
Lasciate che ci parli la vostra vita.

don Mirko Bellora

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