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ATTESA, RICERCA E DESIDERIO

Chagall Figura davanti alla volta blu 1910 (1690K)

Chagall - Figura davanti alla volta blu - 1910

novembre 2017
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ATTESA, RICERCA E DESIDERIO

Una volta ho sentito raccontare da Tonino Guerra una storia su Federico Fellini: era abitudine del regista arrivare a ogni appuntamento un bel pezzo prima dell’orario concordato, che si trattasse di una riunione di lavoro o di un pranzo fra amici. Arrivava sul posto e prendeva tempo, camminando rilassato su e giù per la strada, come se niente fosse. Quando gli amici si accorgevano di lui e gli chiedevano perché non avesse suonato subito il campanello, la sua risposta era simile a quella di un fotografo: per il piacere dell’attesa.

La nostra cultura, con il suo mito (ingenuo) dell’efficienza e dell’utilitarismo, ha cancellato ormai da tempo il valore dell’attesa. I tempi stretti cui ci adattiamo rendono l’attesa uno sperpero, una dispersione irritante, retriva e obsoleta. Perché aspettare? Dal prêt-à-porter al fast food, dalla comunicazione in tempo reale allo sperimentalismo istantaneo degli affetti, l’attesa è diventata un peso morto, con il quale non sappiamo confrontarci, e di cui ci vogliamo liberare. Forse questo desiderio di istantaneità è un dissimulato riflesso difensivo, dettato dalla paura crescente che in questo mondo accelerato,non ci sia, alla fine, niente o nessuno ad attenderci. (Josè Tolentino Mendonça, La mistica dell’istante)

Ci è regalato uno splendido tempo in cui vivere, assaporare, gustare il valore, la bellezza, la serietà e la fecondità dell’attesa: il tempo di Avvento, il tempo che ci conduce pian piano al Natale.

Il tempo dell’attesa è il tempo in cui riconciliarci con le nostre domande, è il tempo della ricerca, è il tempo del guardare dentro ai nostri desideri, quel filo di seta con cui la è tessuta la nostra vita.

Lo scrittore Albert Camus diceva che tutta la terra è stata disegnata da Dio in modo che il viso dell’uomo si sollevi, in modo che lo sguardo, la mente e il cuore domandino. Mi sembra che anche il pittore Marc Chagall con la sua Figura davanti alla volta blu, che ho scelto per la copertina, dica la stessa cosa: la grandezza dell’uomo sta nel domandare, l’uomo vale quanto la grandezza, la serietà delle sue domande. Sì perché l’uomo è domanda, fin da bambino. Un detto ebraico racconta che in principio Dio creò il punto di domanda e lo pose nel cuore dell’uomo … noi siamo creature di domanda e di ricerca.

Lo scrittore Dino Buzzati, in un suo racconto, narra di un paese lontano dove “una legge proibisce di occuparsi delle montagne, né di parlarne e neppure di guardarle”. Tutti si adeguano, timorosi. Esse “stanno sempre sopra la città, dalla parte del settentrione, col loro splendore”. Qualcuno “ha già fatto murare le finestre…per non essere tentato di vederle”. Così “le montagne non esistono più e questa è una piatta pianura, ai sensi della legge”.

È un racconto che sembra una metafora della “miopia spirituale” da cui, qualche volta, siamo tentati, una miopia che non ci fa vedere oltre e che ci toglie l’audacia del saper porre le questioni, le domande essenziali. Su Dio e sulle persone che incontriamo, anche le più vicine, perché nulla è mai scontato, perché non conosciamo mai abbastanza né Dio, né le persone.

Inizia il tempo dell'Avvento, quando la ricerca di Dio si muta in attesa di Dio. Di un Dio che ha sempre da nascere, sempre incamminato e sempre straniero in un mondo e un cuore distratti. È possibile vivere da utenti della vita e non da viventi, senza sogni e senza mistero. È possibile vivere "senza accorgersi di nulla", senza vedere questo pianeta avvelenato e umiliato e la casa comune depredata dai nostri stili di vita insostenibili. Si può vivere senza volti: volti di popoli in guerra; volti di donne violate, comprate, vendute; di anziani in cerca di una carezza e di considerazione; di lavoratori precari, derubati del loro futuro. Per accorgersi è necessario fermarsi, in questa corsa, in questa furia di vivere che ci ha preso tutti. E poi inginocchiarsi, ascoltare come bambini e guardare come innamorati: allora ti accorgi della sofferenza che preme, della mano tesa, degli occhi che ti cercano e delle lacrime silenziose che vi tremano. E dei mille doni che i giorni recano, delle forze di bontà e di bellezza all'opera in ogni essere. Tempo di strade è l'avvento, quando il nome di Dio è "Colui-che-viene", che cammina a piedi, senza clamore, nella polvere delle nostre strade, sui passi dei poveri e dei migranti, camminatore dei secoli e dei giorni. E servono grandi occhi. At­tendere è declinazione del verbo amare. Avvento: tempo per desidera­re e attendere quel Dio che viene. Si accorgono di lui i desi­deranti, quelli che vegliano in punta di cuore, al lume delle stelle, quelli dagli occhi profondi e trasparenti che sanno vedere quanto dolore e quanto amore, quanto Dio c'è, incamminato nel mon­do. Anche Dio, fra le stelle, co­me un desiderante, accende la sua lucerna e attende che io mi incammini verso casa. (padre Ermes Ronchi)

Anche il nostro Dio ci attende anzi, come dice un proverbio berbero, mentre noi cominciamo a muovere il prima passo verso di Lui, Lui ha già cominciato a correrci incontro. Chissà se in questo incontro reciproco arriveremo ad affermare e a credere ciò che diceva Alekos Panagulis ad Oriana Fallaci:

Alekos credeva in Dio. Una volta io gli dissi: “Dio è un punto interrogativo”
e lui mi rispose: “No, è un punto esclamativo”

don Mirko Bellora

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