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E TI VENGO A CERCARE

ottobre 2016
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E ti vengo a cercare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza
perché in te vedo le mie radici …

 

Ho scelto queste righe del cantautore Franco Battiato come titolo del ciclo di ottobre di quest’anno perché mi sembra raccontino bene il cammino che ci fa persone, persone riuscite e felici.

Ho accompagnato questo testo con un’immagine da cui sono rimasto incantato: l’installazione dell’ucraino Alexandr Milov che ha per titolo «Love», amore. Ho trovato queste parole che la commentano:

Ritrae due figure umane, realizzate con una gabbia di metallo. Si danno le spalle, ognuna chiusa in se stessa. Immagine straziante dell’incomunicabilità, delle tante incomprensioni che abitano le nostre giornate, nostro malgrado. Attraverso la grata di ciascuna delle due figure umane adulte, però si vede nitidamente un bambino, I due bambini, attraverso l’inferriata, tendono le mani l’uno verso l’altro, per cercarsi, toccarsi, ritrovarsi. La cosa più emozionante avviene al calar del sole. Quando arriva la notte, i bambini interiori si illuminano. Allora si vedono solo loro. Il desiderio di incontro prende il sopravvento su ogni resistenza e il miracolo dell’amore torna a compiersi sotto i tuoi occhi.

 

Milov-notte

 

È il mistero dell’amore, la gioia dell’amore, l’Amoris laetitia, la felicità ciò che andiamo cercando. Credo sia urgente oggi reimparare a pensare, a dire, a custodire l’amore: ne va della nostra felicità, del senso della nostra vita, delle nostre giornate, delle nostre relazioni, del vivere civile. Dobbiamo ammettere che siamo analfabeti in tema di sentimenti, di emozioni, che abbiamo bisogno di costruire una nostra forte dimensione interiore fin dalla più giovane età, che è difficile amare, perché amare richiede il difficile esodo dal proprio io perché l’amore è un’arte e amare è gesto d’artisti …

Acutissimo un invito del nostro papa a coltivare e ad essere portatori di un “pensiero incompleto”, un pensiero che non si chiude, che non alza muri alla riflessione, un pensiero che pone sfide al dialogo, non definitivo, statico o coercitivo, ma piuttosto curioso, aperto, creativo, alla ricerca inquieta. Per questo sono grato fin da ora ai brillanti e competenti relatori (Lidia Maggi, Raffaele Mantegazza, Silvano Petrosino) che ci aiuteranno nel suggerirci qualche strada del “farsi dell’amore”, per imparare a custodire e far crescere l’amore, per imparare a custodire il mistero che è l’altro, per imparare l’apertura, l’accoglienza, per imparare a camminare con l’altro.

Ognuno di noi è mistero a se stesso e per l’altro. L’altro è una realtà inafferrabile che si sottrae al mio possesso, al mio potere. Ognuno di noi assomiglia a un iceberg, quella montagna di ghiaccio la cui parte più grande rimane sommersa, invisibile, nascosta. È all’amore che si svela, perché l’amore è il ponte che permette di incontrarsi, di avvicinarsi, di capirsi, di comunicare, di scavalcare quell’abisso che separa le persone.

E ti vengo a cercare perché ho bisogno della tua presenza, per capire meglio la mia essenza, perché in te vedo le mie radici, canta Franco Battiato cogliendo nel segno: senza l’altro non siamo. Anche ogni corpo di uomo e di donna consegna questa invocazione: tu hai bisogno dell’altro, tu non basti  a te stesso, tu da solo non riesci ad essere felice, a vivere in pienezza.

Vuoi sapere chi tu sei per me.
E allora ecco: tu sei colei che mi impedisce di bastarmi.
Tu mi hai dato la cosa più preziosa di tutte: la mancanza!
(Christian Bobin)

Già nel racconto della creazione scritto nella Genesi, quando Dio dà vita a uomo e donna insieme, sta incastonata questa mirabile verità: noi non abbiamo semplicemente delle relazioni, noi siamo relazione. La relazione con l’altro ci costituisce nella nostra dimensione più profonda. Ho già citato su queste pagine queste mirabili righe dello scrittore David Grossman, ma sono talmente significative che non riesco a non riscriverle …

Gli antichi saggi credevano che nel corpo ci fosse un ossicino minuscolo, indistruttibile, posto all’estremità della spina dorsale. Si chiama luz in ebraico, e non si decompone dopo la morte né brucia nel fuoco. Da lì, da quell’ossicino, l’uomo verrà ricreato al momento della resurrezione dei morti. Così per un certo periodo ho fatto un piccolo gioco: cercavo di indovinare quale fosse il luz delle persone che conoscevo. Voglio dire, quale fosse l’ultima cosa che sarebbe rimasta di loro, impossibile da distruggere e dalla quale sarebbero stati ricreati.

Ovviamente ho cercato anche il mio, ma nessuna parte soddisfaceva tutte le condizioni. Allora ho smesso di cercarlo. L’ho dichiarato disperso finché l’ho visto nel cortile della scuola. Subito quell’idea si è risvegliata in me e con lei è sorto il pensiero, folle e dolce, che forse il mio luz non si trovava dentro di me, bensì in un’altra persona. (David Grossman, Che tu sia per me il coltello)

Quello dell’amore è un viaggio, un cammino, un percorso, il viaggio di un corso d’acqua: in continuo movimento. È il viaggio più lungo che esista al mondo, è un viaggio che non finisce mai. In questo viaggio i cristiani hanno la certezza che Dio sogna la felicità per ogni uomo e donna, sogna con loro, che Dio non è un guastafeste, non è un Dio concorrente o geloso dell’uomo. L’hanno capito bene due poeti:

«Donna Prouhèze: “È dunque permesso questo amore delle creature l’una per l’altra? Davvero, Dio non è geloso?”. L’angelo custode: “Come potrebbe essere geloso di ciò che ha fatto lui stesso?” (…). Donna Prouhèze: “Ma l’uomo nelle braccia della donna dimentica Dio”. L’angelo custode: “È forse dimenticarlo essere con lui ed essere associati al mistero della sua creazione?”». (Paul Claudel)

Dio arriverà all’alba se io sarò tra le tue braccia.
(Alda Merini)

Se diciamo di credere, di amare questo Dio Padre di tutti, svelatoci dal volto e dal cuore di Gesù di Nazareth, nessuno ci può essere estraneo, nessun muro può dividere, anzi Dio è “nascosto” nel prossimo che incontriamo … Indimenticabili e sferzanti le parole di papa Francesco:

Cancelliamo ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore;
domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza,
di piangere sulla crudeltà che c'è nel mondo, in noi,
e chiediamoci: chi ha pianto? chi ha pianto oggi nel mondo?

 

don Mirko Bellora

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