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CON PASSI DI DANZA


Arcabas - Angelo e mirofore

Arcabas - Angelo e mirofore

aprile 2016
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CON PASSI DI DANZA

… vivere a partire dalla Resurrezione …

«Mi hanno sepolto, ma quello che non sapevano, è che io sono un seme». Così concludevo l’editoriale del mese scorso per raccontare del nostro Dio crocefisso e risorto. Per invitarci alla inaudita, incredibile e splendida speranza che ci viene dalla Pasqua. Per invitarci a credere nella forza inaspettata e inesauribile di un seme. Sappiamo la potenza stupefacente di un semplice seme gettato in un terreno, ma ciò che viene “gettato” dentro di noi a Pasqua è un seme straordinario! Gesù, crocefisso e risorto ci abita e ci regala la sua presenza, la sua speranza, la sua fantasia, la sua misericordia, la sua capacità di amare e servire. Spesso lo dimentichiamo …

Non bisogna domandare ai cristiani di oggi
se credono alla resurrezione:
ci credono in un modo talmente passivo e abitudinario
che è esattamente come se non ci credessero.
Essa non cambia niente nella loro vita.
(L. Évely, Ogni giorno è un’alba)

Chi vive con la persona amata nel cuore sa come la vita, la vita di tutti i giorni, cambia in colore, in gioia, in prospettiva, in forza, in significato … La fede è come l’amore, questo grande “motore” della vita, che non si arresta. L’aveva capito quel grande amante e credente che è stato il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer, ucciso in un campo di concentramento tedesco nel 1944 per aver partecipato a un attentato contro Hitler. Così diceva: «Vivere a partire dalla resurrezione: questo è il significato di Pasqua!» … è davvero un rovesciamento di prospettiva, portatore di grandi possibili cambiamenti nella vita di tutti e per tutti.

Tutto intorno sembra parlarci di morte … la malattia, la sofferenza, la violenza, il peccato, il non amore, l’ingiustizia, tutto ciò che distrugge la dignità umana, soprattutto dei piccoli e dei poveri. Tutto intorno sembra parlarci di morte … come mi ha scritto una cara, competente e impegnata parrocchiana: «Quanto dolore, sofferenza e orrore ancora dobbiamo vedere scorrere  davanti ai nostri occhi. Insopportabile vedere tutte quelle persone: uomini, donne, vecchi  malati e bambini nel fango davanti a muri di filo spinato, metafora dei nostri muri interiori, dei nostri occhi “pigri”».

Sembra che l’unica strada sia la resa o nell’accontentarsi di piccoli frammenti di serenità e di bene. La Pasqua ci spinge oltre, ci regala nuove forze, nuovi sguardi, nuova speranza. Non solo per noi.

Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un'ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
Antipasqua è ogni accoglienza mancata.
E ogni rifiuto del pane, della casa, del lavoro, dell'istruzione, dei diritti primari.
Antipasqua è passare indifferenti vicino al fratello che è rimasto con l'ala, l'unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine.
E si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con te.
Soprattutto per questo fratello dammi, o Signore, un'ala di riserva.
(don Tonino Bello)

Ho scelto come immagine di copertina un quadro del pittore Arcabas che ci ritrae in modo mirabile: noi, come le donne, siamo spesso impauriti e tremanti, e non avremmo mai potuto immaginare che un sepolcro, luogo di morte, potesse trasformarsi in luogo di vita piena, davanti alla quale la morte soccombe. Le donne stanno portando, come ultimo segno di affetto, un profumo prezioso per il corpo senza vita di Gesù, ma trovano un angelo seduto su una tomba vuota che indica loro la via per incontrare il Risorto. Quell’angelo ha due strani occhi … gli occhi servono per guardare, per vedere nel profondo. Sono simbolo della fede. Come a dirci che l’annuncio pasquale è talmente grande che non basta un occhio solo. Ne occorrono due, tanti. Occorre tanta fede.

Una persona che mi è molto cara mi ha inviato queste parole di augurio commentando il quadro:

Nella sera di questa Pasqua ti vedo così:
come questo angelo che sa sedersi
sulla “tomba” dei tanti dolori di chi incontri,
messaggero dolce e forte di speranza, di gioia;
come questo angelo che sa indicare la via
perché lui l’ha già intravista, trovata e se la porta dentro.
Ed è per questo che gli altri si fermano ad ascoltare:
si fidano della gioia dei tuoi occhi e del tuo cuore.

Non ho da insegnare, ho tanto ancora da imparare, ma soprattutto continuo ad imparare moltissimo dalle tante persone che incontro e che sanno vivere a partire dalla resurrezione, nonostante le pesanti difficoltà che la vita spesso riserva. Ho imparato da loro a danzare. Ho imparato dal Signore della Danza …

Hanno sepolto il mio corpo, hanno creduto che fosse finita…
Ma io sono la Danza e guido sempre il Ballo.
Guiderò la danza di tutti voi ovunque voi siate,
guiderò la danza di tutti voi.
Han voluto sopprimermi  ma son balzato, ancora più in alto,
perché io sono la Vita che non può morire
ed io vivrò in voi e voi vivrete in me,
perché io sono – dice Dio – il Signore della Danza.
(Sidney Carter)

Sa danzare la vita, sa fare passi di danza chi sa sciogliere le mani, muovere i piedi, seguire la musica. Così diceva un mio grande amico sacerdote, don Luigi Serenthà, morto trent’anni fa.

SCIOGLI LE MANI. Quando uno danza non deve tenere le mani strette attorno a sé, deve lasciarle ‘sfarfallare’ attorno alla ricerca di altre mani. Vuol dire uscire dalla propria assoluta privatezza, vuol dire lasciare che la propria persona cerchi altre mani. In questo sciogliere le mani è alluso il mistero dell’alterità, dell’altro che mi cerca e che io debbo cercare. Sciogli le mani vuol dire “custodisci il fratello”, scopri e conserva nella sua inviolabile alterità il mistero dell’uomo che ti sta accanto.

MUOVI I PIEDI. Cammina, non restare fermo, non essere rigido, va avanti. Va’ dove la danza ti conduce. Le mani che cercano altre mani, le cercano non per fermarsi nell’intreccio, ma per trovare insieme un bene più profondo, un bene più vero. Non fermarti, cammina verso il mistero, custodisci il mistero.

SEGUI LA MUSICA. Il mistero non è rimasto muto, la notte non è rimasta eternamente buia, la notte ha parlato attraverso l’alba, il mistero di Dio non è rimasto nell’ombra indistinta, ma si è rivelato. Ha fatto risuonare un nome, ha detto Gesù Cristo, ha prodotto una musica. Il mistero di Dio è diventato suono, parola, musica, luce nella vita di Gesù. Ascolta la musica, custodisci la croce, custodisci la parola del Signore, custodisci il comando dell’Amore che Gesù ti ha dato. Quand’anche fossi inchiodato come Cristo alla croce, non posso restare immobile. Se mi metto nella prospettiva della croce di Cristo, posso sempre ricominciare da capo.

Sa fare passi di danza chi sa vivere oggi gli stessi gesti, lo stesso amore narrato dalla lavanda dei piedi.

Sa fare passi di danza chi è capace di gesti traboccanti di gratuità che tessono la felicità degli altri.

Sa fare passi di danza chi è capace di passare dall’io, al tu, al noi.

Sa fare passi di danza chi lotta perché la vita di tutti sia una danza, sia gioia.

Sa fare passi di danza chi cerca in ogni modo di far rinascere senza posa la speranza, là dove ci sono ragionevoli motivi di disperazione.

Utopia? Ma, come ha detto qualcuno, l’utopia è come una donna bellissima che si vede sullo sfondo. Avanzi di due passi, lei arretra di due. Avanzi di tre, lei arretra ancora. A cosa serve allora l’utopia? A camminare. A danzare.

don Mirko Bellora

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