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GELOSI DELLA DOMENICA

Ronde_Picasso
Picasso Ronde de l'amitié

maggio 2012 riga

Il desiderio e la gioia dell’incontro

Chi ama vive ogni incontro con l’essere amato come una festa

Ho un sogno: che sempre più i “miei” cristiani ridiventino “gelosi” della domenica come il giorno della vera festa, dell’incontro con l’amato, come il giorno della celebrazione, dell’assemblea, della comunità, come il giorno in cui abbeverarsi alla fonte della speranza, a ciò che fonda la nostra speranza: il Cristo risorto. “Gelosi” della domenica come giorno del Signore, ma anche come giorno dell’uomo. Non dimentico queste parole:

“Come sono riusciti gli ebrei a preservare il sabato, lungo i secoli?
chiesero a un rabbino. La sua risposta fu:
“Non sono gli ebrei che hanno preservato il sabato. Il sabato ha preservato gli ebrei”.

Lo stesso per noi cristiani, perché senza l’Eucarestia, senza la Messa rischieremmo di non sapere più chi siamo, né perché ci diciamo cristiani.
La Messa domenicale è l’avvicinarsi con timore, tremore, stupore a qualcosa di grande, mai del tutto conosciuta, capita. Che sconvolge l’intelligenza e commuove il cuore. Credere è “ricordare” cioè riportare al cuore, fare memoria. Riportare al cuore chi è il Dio di Gesù Cristo, far memoria della Pasqua di Gesù, dell’ultima sua cena, della sua croce, della sua resurrezione, del suo farsi dono. Questo è ciò che capita la domenica alla Messa.

Sono sussurrate a ciascuno di noi le parole che Gesù ha detto ai suoi apostoli prima dell’ultima cena: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi».

L’invito del Signore e il suo desiderio di accoglierci al suo banchetto non devono essere mortificati dal senso del dovere, dall’abitudine che ci rende, a volte, obbedienti, ma privi di gioia, di stupore, di gratitudine ad un Dio che si dona a noi. È difficile animare una assemblea che si riunisce senza il desiderio. Ma se hai addirittura desiderato l’incontro, sapevi che cos’era ed hai scelto di esserci, il desiderio amplifica la possibilità della comunione, la triplica. Il desiderio è la forza più grande dei passi di libertà di una persona. (don Franco Brovelli)

Ci si accosta all’Eucarestia, alla Messa, come ci si accosta all’amore … con desiderio, con gioia, in punta di piedi, irresistibilmente attratti dall’invito e dalle promesse del nostro Dio.

Nel film Francesco di Liliana Cavani c’è una scena che non dimentico. Due degli amici di gioventù di Francesco si mettono a “spiarlo”, a seguirlo, in cerca del suo segreto, del segreto della sua gioia, del suo amore. Francesco fa loro un dono: un piccolo pezzo di pane … scena che ha tutto un sapore “eucaristico” … Uno dei due porta a casa quel pane. Lo guarda a lungo, lo contempla. Ripensa alla vita e alla gioia di Francesco e finisce per pronunciare queste parole: «Per quel pezzo di pane sarei stato pronto a dare via tutto» … E anche lui lascerà tutto, seguirà Francesco e troverà gioia. Troverà il “centuplo quaggiù”.

È questo il meraviglioso dono dell’Eucarestia: una nuova intimità con Dio che sa trasformare, trasfigurare la vita. Lo diceva già S. Efrem: «Chi mangia Me mangia il fuoco»

È questo il meraviglioso dono dell’Eucarestia: una nuova forza, una nuova libertà, una nuova speranza, una nuova capacità di amare. Un nuovo il “dinamismo”: stare e ripartire, lasciarsi amare e amare, lasciarsi perdonare e perdonare, inginocchiarsi davanti a Dio e servire l’uomo.

Il colore e il cuore della domenica

Nonostante tutti i guai del nostro mondo, nel mio cuore non ho mai dato per perso l’amore con cui sono stato allevato o la speranza dell’uomo nell’amore. Nella vita, proprio come nella tavolozza del pittore, non c’è che un solo colore capace di dare significato alla vita e all’arte: il colore dell’amore. (Marc Chagall)

È questo il colore che siamo chiamati a far emergere più di ogni altro nelle nostre domeniche, è il colore che ci restituisce il vero senso, la vera bellezza e dignità dell’essere uomini e donne. Un colore che si fa strada nel fare della domenica non un intervallo tra fatiche, non il tempo dell’evasione, della fuga, ma piuttosto il tempo della libertà che sa farsi legame, relazione, incontro, comunione …
Non è lontana la Pasqua e abbiamo ancora nel cuore alcune immagini indimenticabili. Una sicuramente è quella del cireneo chiamato a portare la croce di Gesù.

Noi conosciamo bene il Cireneo della croce. Una lunga dottrina ascetica ci ha abituati a pensarci soccorritori delle sofferenze del mondo, a sentirci gente che aiuta il mondo a portare la croce. Perché, invece, non ci pensiamo come gente che aiuta il mondo a portare la gioia? Perché, come primo pensiero, non ci consideriamo cirenei della gioia? La gioia, infatti, deve permeare il nostro cammino perché noi sappiamo di essere amati da Gesù Cristo, che è la nostra pace, la nostra luce, la nostra gioia.
Noi dovremmo essere, per abitudine, gli annunciatori della gioia pasquale, come Maria di Magdala. Sarebbe bello che i fedeli, la gente, potesse dire di noi: “sono quelli che fanno suonare le campane”, le campane della gioia di Pasqua, le campane della speranza. (mons. Tonino Bello)

La Messa attesa, desiderata, celebrata, vissuta può operare in noi questo miracolo!

Domenica 15 aprile a “La Lodovica” ho incontrato i genitori, i padrini e le madrine dei ragazzi che celebreranno la Cresima. Ho parlato loro anche del quadro di Picasso, La ronde de l’amitié, il girotondo dell’amicizia. Lo stesso quadro che ho scelto per la copertina del nostro informatore. Nel quadro è descritto un girotondo di persone che sembrano danzare, quasi volare, felici, lanciando fiori. Si guardano fra loro e guardano oltre, più in alto. Il loro non è un cerchio chiuso: c’è un sole che sta in mezzo a loro. È un sole con al centro una colomba che richiama fortemente lo Spirito Santo la fonte della loro danza, della loro gioia, della loro leggerezza. Ho augurato loro di saper danzare la vita, di saper spargere bellezza, di saper stringere le mani degli altri … e di far entrare dentro le scelte della loro vita il Sole dello Spirito di Dio.
>Che meraviglia se il nostro stare insieme fosse così, se le nostre comunità fossero così, se le nostre domeniche fossero così! A partire dal cuore che è la Messa. Sarebbe la vera festa. Quella che profuma di relazioni, di condivisione, di speranza e di gioia ritrovate. Perché la festa vera ha che fare con l’amore…

Siamo tutti mortali fino al primo bacio …
questo lo sa chiunque, per poco che uno sappia (Edoardo Galeano)

don Mirko Bellora

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